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indennità di accompagnamento  
L'indennità di accompagnamento è un contributo ( di circa 450 euro) erogato dallo Stato a titolo di rimborso forfettario alle persone a cui è stata riconosciutà un invalidità per minorazioni o menomazioni fisiche o psichiche tali da necessitare di assistenza continua. La domanda va presentata su apposito modello alla competente Commissione Medica presso la ASL di competenza territoriale, allegando la certificazione medica comprovante la minorazione o menomazione con diagnosi chiara e precisa e con l'espressa attestazione, ai fini dell'ottenimento dell'indennità di accompagnamento, che il richiedente è "persona impossibilitata a deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore" oppure che è "persona che necessita di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita".
Entro 3 mesi dalla presentazione della domanda la Commissione Medica deve fissare la data della visita medica
Il pagamento materiale della indennità avviene a cura dell'INPS mensilmente.
Alla percentuale di invalidità accertata sono connessi altri benefici; in particolare, quando l'invalidità sia riconosciuta almeno pari ai due terzi (cioè al 67%), l'invalido ha diritto: * alle protesi e agli ausili inerenti la propria minorazione o menomazione (con i limiti e le modalità stabiliti nel cd. nomenclatore-tariffario, attualmente è in vigore quello approvato con D.M. 27.8.1999, n.332);
* all'esenzione totale dal ticket sanitario (peraltro la malattia di Alzheimer è stata ricompresa dal Decreto Ministeriale 28 maggio 1999, n. 329 tra le "condizioni di malattie croniche o invalidanti che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo delle correlate prestazioni di assistenza sanitaria");
* alla tessera di libera circolazione sui mezzi pubblici di trasporto; ( non in tutte le città...)
     
assegno di cura  
L'assegno di cura è un sostegno economico a favore delle famiglie che assistono in casa propria un anziano non autosufficiente e rappresenta una delle opportunità previste dalla L.R. 5/94; è concesso in alternativa all'inserimento stabile in strutture residenziali.
Destinatari
- le famiglie che mantengono l'anziano, certificato non autosufficiente, nel proprio ambiente e gli garantiscono direttamente o avvalendosi dell'intervento di persone non appartenenti al nucleo familiare, prestazioni socio-assistenziali di rilievo sanitario;
- le famiglie che accolgono nel proprio ambito l'anziano solo (art.13, comma 1, della L.R. 5/94);
- altri soggetti che con l'anziano intrattengono consolidati e verificabili rapporti di "cura", anche se non legati da vincoli familiari;
- l'anziano stesso quando sia in grado di determinare e gestire le decisioni che riguardano la propria assistenza e la propria vita;
- l'amministratore di sostegno.
L'assegno di cura concesso anche ad anziani anagraficamente conviventi (possono essere riconosciuti contratti di assegno di cura anche a più anziani conviventi ad esempio entrambi i genitori).
Se il piano di assistenza viene assicurato anche mediante il ricorso ad assistenti familiari, il familiare che si assume la responsabilità dell'accordo/contratto si impegna anche:
- a sottoscrivere con l'assistente familiare regolare contratto di lavoro;
- a favorire la partecipazione dell'assistente familiare alle iniziative di aggiornamento e formazione organizzate dal sistema locale dei servizi socio-sanitari e della formazione professionale.
Requisiti richiesti
La condizione economica viene aggiornata annualmente in relazione all'indice ISTAT dei prezzi al consumo.
Per usufruire dell'assegno di cura l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) dell'anziano beneficiario delle cure, non dovrà essere superiore a 21.120 a decorrere dal 1/1/2008 (riferimento ai redditi 2007).
Ai fini della concessione dell'assegno di cura, il nucleo familiare di riferimento è costituito dal solo anziano beneficiario delle cure; si considera pertanto la situazione economica e patrimoniale del solo anziano estratta da quella del nucleo familiare di riferimento (art.3 comma 2, DL n.109 del 31 marzo 1998 e successive modifiche ed integrazioni).
Entità del contributo economico
L'importo del contributo previsto è in relazione alla gravità della condizione di non autosufficienza dell'anziano, alle sue necessità assistenziali e alle attività socio-assistenziali di rilievo sanitario garantite ed è fissato a seconda della tipologia di attività assistenziale necessaria. Gli importi sono rivalutati annualmente. Dal 1/1/2008 i nuovi assegni hanno i seguenti importi (DGR 2/2008):
- 21,50 euro livello A (elevato);
- 15,00 euro livello B (alto);
- 11,50 euro livello C (medio).
Se l'anziano non autosufficiente è titolare di indennità di accompagnamento o indennità analoga, erogata dall'INPS, dall'INAIL o da altri, il contributo economico alla famiglia è ridotto dalla data di concessione dello stesso, rispettivamente a:
7,75 euro per il livello A ;
5,17 euro per il livello B ;
Dal 1/4/2007 non possono più essere concessi assegni di cura di livello C a soggetti che percepiscono l'indennità di accompagnamento.
Per ulteriori informazioni si può consultare il portale Emilia Romagna sociale alla sezione anziani, che contiene i riferimenti e gli indirizzi utili.
NOVITA' introdotte dalla modifica della DGR n. 1377/99 e introduzione contributo 160 euro
Con l'approvazione della delibera G.R. n. 1206/07 che attua le indicazioni previste per il Fondo Regionale per la Non Autosufficienza, viene ad essere modificata anche la normativa regionale sull'assegno di cura, adeguando le indicazioni e le finalità con l'obiettivo di consolidare il processo di regolarizzazione delle assistenti familiari che risultino in possesso dei necessari requisiti.
E' concesso un contributo aggiuntivo di 160 euro/mese nell' ambito del progetto che prevede l'assegno di cura, sulla base di una specifica richiesta con verifica di due requisiti indispensabili:
1. documentazione attestante la regolare contrattualizzazione del rapporto di lavoro;
2. condizione economico patrimoniale con Isee estratto non superiore a 10.000 euro
     
legge 104  

La legge 104/92 è lo strumento che permette un minimo di assistenza in più ai nostri cari vi inserisco un ampio stralcio della interpretazione della legge stessa.
I permessi lavorativi Legge 104/1992: gli aventi dirittoLa norma originaria e principale in materia di permessi lavorativi retribuiti è la Legge quadro sull'handicap (Legge 5 febbraio 1992, n. 104) che all'articolo 33 prevede agevolazioni lavorative per i familiari che assistono persone con handicap e per gli stessi lavoratori con disabilità.
Principalmente ad occuparsi dei permessi lavorativi previsti dall'articolo 33 sono stati gli enti previdenziali (INPS e INPDAP, solo per citare i principali) emanando circolari ora applicative ora esplicative. Non sempre le indicazioni fornite dai diversi enti sono fra loro omogenee. È quindi innanzitutto necessario riferirsi sempre alle indicazioni fornite dall'ente di riferimento.
Nella sostanza, un assicurato INPS non può far valere le disposizioni previste dall'INPDAP o da un altro ente previdenziale e viceversa. Al tempo stesso, per fare un esempio, il responsabile del personale di un ente pubblico non può applicare le disposizioni impartite dall'INPS (settore privato), ma deve rifarsi esclusivamente alle istruzioni del proprio ente previdenziale.
Ad occuparsi di queste materie sono intervenuti, in alcuni casi, anche il Consiglio di Stato e alcuni Ministeri (Welfare, Funzione Pubblica, Tesoro) con pareri, circolari e indicazioni di servizio. Su alcuni aspetti, poi, si sono pronunciati i singoli Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. È ovvio, quindi, che il lavoratore finisca per essere disorientato o per incontrare difficoltà nell'ottenere risposte certe. E nonostante questa massa di provvedimenti, alcuni aspetti rimangono ancora controversi e insoluti.

Chi ne ha diritto.
È innanzitutto necessario comprendere chi siano gli "aventi diritto", cioè quali siano quei soggetti che possono richiedere l'accesso ai permessi. È da far notare subito che gli aventi diritto ai permessi lavorativi non sono gli stessi che possono anche richiedere i due anni di congedo retribuito. Per quella
seconda agevolazione la normativa è infatti (per ora) molto più restrittiva.
Hanno diritto ai permessi lavorativi retribuiti, con diverse modalità,
criteri e condizioni, la madre lavoratrice, o - in alternativa - il lavoratore padre, entro i primi tre anni di vita del bambino; la madre lavoratrice, o - in alternativa - il lavoratore padre, dopo il compimento del terzo anno di vita del bambino disabile e poi a seguire nella maggiore età; i parenti o gli affini che assistono la persona disabile. Il disabile deve essere in possesso del certificato dell'handicap con connotazione di gravità (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992), rilasciato dalla Commissione dell'Azienda Usl. Non sono ammessi altri certificati di invalidità.
Hanno infine diritto ai permessi lavorativi i lavoratori disabili in possesso del certificato di handicap grave.
I permessi spettano anche nel caso in cui i genitori siano adottivi o affidatari, in quest'ultimo caso solo nell'ipotesi di disabili minorenni. L'affidamento infatti può riguardare soltanto soggetti minorenni (articolo 2, Legge 149/2001).


Parenti e affini
L'articolo 33 della Legge 104/1992 prevede che i permessi di tre giorni possano essere concessi anche a familiari diversi dai genitori del disabile
grave accertato tale con specifica certificazione di handicap (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992) dall'apposita Commissione operante in ogni Azienda Usl.
È bene precisare che i permessi spettano ai parenti e agli affini entro il terzo grado di parentela e affinità. La condizione è comunque che l'assistenza sia prestata in via continuativa ed esclusiva, anche in assenza di convivenza, come precisato dalla Legge 8 marzo 2000, n. 53 (articolo 19).
È quasi superfluo precisare, anche se INPS e INPDAP lo hanno dovuto chiarire, che i permessi spettano anche al coniuge della persona con handicap pur non essendo né parente né affine. Anche in questo caso La concessione dei permessi non spetta nel caso in cui il disabile sia ricoverato a tempo pieno.
I permessi non spettano inoltre nel caso il richiedente sia impegnato in lavoro domestico o presso il proprio domicilio.


Parenti e affini: chi sono?
Chi sono i parenti e gli affini entro il terzo grado indicati dall'articolo 33 della Legge 104/1992? Il riferimento dobbiamo cercarlo nel Codice civile (articolo 74-7che definiscono i concetti di parentela e affinità.
La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite.
Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite.
Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre restando escluso lo stipite.
L'affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge.
Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d'uno dei due coniugi, egli è affine dell'altro coniuge.


Il meccanismo può apparire complesso. Facciamo quindi qualche esempio.


Sono parenti di primo grado i figli e genitori. Fratelli e sorelle, nipoti (figli dei figli) e nonni sono parenti di secondo grado. Zii e nipoti (figli di un fratello o una sorella) sono parenti di terzo grado.
I cugini sono parenti di quarto grado, quindi non possono accedere alla fruizione dei permessi lavorativi.
Sono affini di primo grado il suocero, genero e nuora. Sorella e fratello della moglie sono affini di secondo grado. La zia o lo zio della moglie sono affini di terzo grado. Il cugino della moglie o del marito è affine di quarto grado ed è quindi escluso dai benefici lavorativi.Questo sono vari stralci delle interpretazioni, maggiori informazioni anche personali si possono avere tramite il sito dell' INPS risponde sono un po lenti ma rispondono di regola dopo 20 giorni e fino a quando il " buon " ministro R.Brunetta non apporterà modifiche le esplicative dell' INPS sono il riferimento per la maggior parte degli enti pubblici


Spero che questo serva poi mi documenterò ancora
Paolo

     
l'amministratore di sostegno  


L’amministrazione di sostegno è una figura istituita con la Legge numero 6 del 9 gennaio 2004, a tutela di chi, pur avendo difficoltà nel provvedere ai propri interessi, non necessita comunque di ricorrere all'interdizione o all'inabilitazione.


Chi è
L’amministratore di sostegno è un tutore delle persone dichiarate non autonome, anziane o disabili. Viene nominato dal giudice tutelare e scelto, dove è possibile, nello stesso ambito familiare dell’assistito. Possono diventare quindi amministratori di sostegno il coniuge, purché non separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, e comunque il parente entro il quarto grado.


Che cosa fa
L’ufficio di amministrazione di sostegno non prevede l'annullamento delle capacità del beneficiario a compiere validamente atti giuridici, e in questo si differenzia dall'interdizione.
I poteri dell'amministratore di sostegno vengono annotati a margine dei registri di stato civile, al fine di consentire a terzi il controllo sul suo operato.
Dura dieci anni, ma può essere rinnovato, a meno che si tratti di un parente o del coniuge o della persona stabilmente convivente, nel qual caso dura per sempre, salvo rinuncia o richiesta di revoca dello stesso interessato.


A chi si rivolge
L’amministratore di sostegno è una figura istituita per quelle persone che, per effetto di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di dover provvedere ai propri interessi.
Anziani o disabili, ma anche alcolisti, tossicodipendenti, carcerati, malati terminali, ciechi, potranno ottenere, anche in previsione della propria eventuale futura incapacità, che il giudice tutelare nomini una persona, che abbia cura della loro persona e del loro patrimonio.


Come fare
La persona interessata può mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata presentare la richiesta al giudice tutelare della propria zona di residenza o anche domicilio e entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta, il giudice provvederà alla nomina dell'amministratore. Il suo decreto diventa immediatamente esecutivo.
Inoltre i responsabili dei servizi sanitari e sociali, se a conoscenza di fatti tali da rendere necessario il procedimento di amministrazione di sostegno, devono fornirne notizia al pubblico ministero.
I giudici tutelari si trovano presso ogni Procura della Repubblica. Esiste anche il registro comunale degli amministratori di sostengo, il primo registro è nato a Roma dopo una fase di sperimentazione.

 

 

 

 

 

 

 

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